Questioni di genere
Un manifesto di “Donne per la Chiesa”
Alcuni mesi fa ho pubblicato qui su Gli Stati Generali un articolo dal titolo “La nuove frontiere del tribalismo cattolico” e questo ha, inaspettatamente, prodotto un tale interesse ed entusiasmo da spingere un gruppo di una trentina di donne da tutta Italia, impegnate a vario titolo in diverse realtà ecclesiali, a riunirsi grazie ai social per riflettere, confrontarsi e scrivere insieme. Attraverso il metodo della Revisione di Vita, sperimentato per la prima volta in un gruppo facebook, abbiamo ragionato su ciò che abbiamo vissuto, ma anche su ciò che auspichiamo alla luce della Parola di Dio, ben sapendo di non essere delle teologhe, ma delle semplici donne credenti, che si sentono figlie della Chiesa e sanno di poter parlare a cuore aperto ai propri Pastori e a tutta la comunità. Questo documento da un lato riassume ciò che, come donne, abbiamo sperimentato e sperimentiamo nelle comunità cristiane e dall’altro rappresenta una dichiarazione d’intenti riguardo al come vogliamo agire nella Chiesa, più ancora che al cosa fare.
Questo è il nostro manifesto, questo è ciò che vogliamo offrire alla Chiesa:
“D’altronde, nel Signore, né la donna è senza l’uomo, né l’uomo senza la donna. Infatti, come la donna viene dall’uomo, così anche l’uomo esiste per mezzo della donna e ogni cosa è da Dio” (1Cor 11, 11-12)
CHI SIAMO
Siamo donne credenti, siamo discepole di Gesù, innamorate della Chiesa, delle nostre famiglie, di chi è più fragile e più indifeso, ma innamorate anche della nostra forza, energia e intelligenza, doni di Dio. Alla Chiesa, come anche alla società e alle nostre famiglie, vogliamo portare tutto ciò che siamo e non sminuirci per compiacere qualcuno. Non sentiamo il bisogno di riconoscerci in modelli preconfezionati, ma rivendichiamo la possibilità di costruire ciascuna il proprio cammino unico e irripetibile: come persone, come donne, come sorelle, figlie, mogli e madri. Amiamo la maternità che il Creatore ci ha affidato, ma siamo consapevoli che è ben più grande e irradiante della maternità fisica, per questo cerchiamo di essere generative in ogni situazione della nostra vita, compresi i luoghi di lavoro, dell’impegno sociale e politico.
Rivendichiamo la nostra assertività come una ricchezza per le nostre comunità e non accettiamo di mostrarci deboli per lusingare la forza maschile. Amiamo gli uomini e siamo al loro fianco con amore, corresponsabilità, rispetto e stima. Allo stesso modo vogliamo offrire ai nostri Pastori una collaborazione fatta di reciprocità, valorizzazione delle differenze, rispetto e stima.
Pur consapevoli che in alcune realtà ecclesiali la situazione sia in movimento, come donne adulte sperimentiamo quotidianamente il ruolo subalterno della donna nella Chiesa, che ci fa sentire sempre più fuori luogo e inadeguate. Subiamo l’incapacità di essere viste e valorizzate nelle nostre competenze e specificità e questo ci priva troppo spesso di un reale riconoscimento. Vediamo che le donne nella comunità esistono nella misura in cui risolvono i problemi dei protagonisti uomini. Tutti uomini. Che si tratti dell’oratorio parrocchiale, di movimenti ecclesiali o di Facoltà teologiche, il modello femminile che viene proposto è sempre quello di “stampella” a sostegno delle figure maschili (presbiteri, docenti o mariti). Non ci sono spiragli per capacità femminili che vadano al di là della procreazione, dell’accudimento, o del sostegno agli uomini, a meno di pesanti rinunce alla propria femminilità.
Nel nostro cammino abbiamo visto come la fede stessa della donna e l’adesione a qualunque vocazione essa abbracci è considerata inferiore, di minore qualità di quella maschile, se non in casi eccezionali e astutamente propagandati.
Nelle comunità manca spesso un reale rispetto nei confronti delle donne, che siano single, sposate o divorziate: nel primo caso non sono risorse da sfruttare “tanto non hanno altro da fare”, nel secondo non sono “solo” mamme e mogli, nel terzo non vanno identificate per ciò che non sono, ma per ciò che sono e fanno.
Quando si tratta di prendere decisioni manca lo spazio per il contributo originale delle donne, la loro visione della Vita, la capacità di affrontare le situazioni in maniera creativa, dentro le relazioni, precludendo così la possibilità di rompere schemi di azione e relazione ormai logori e inefficaci per creare nuove opportunità di crescita delle comunità.
Quello che vogliamo dire è che in gioco non c’è affatto soltanto lo spreco di talenti, la mancanza di rispetto e il colpevolizzare tutte quelle che non si ritrovano nel quadretto della moglie/madre pia e devota (tutte cose assolutamente già gravi in sé), ma c’è soprattutto una profonda infedeltà al Vangelo, al modo scelto da Gesù per trattare le donne, alla forza di Maria, alla novità dell’annuncio di Maria Maddalena.
CHIEDIAMO:
– Rispetto nei confronti del nostro impegno, la possibilità di esprimere un servizio coerente con le nostre competenze e capacità
– Che i presbiteri ai quali le nostre comunità sono affidate conoscano e apprezzino il femminile, che abbiano un rapporto sano e sereno con le donne, che siano persone psicologicamente mature.
– Che si prenda in considerazione che la ricerca vocazionale femminile ha aperto nuovi e più articolati orizzonti, in una maturazione di prospettive che necessita di attenzioni e risposte.
– Che si riconosca la possibilità per le donne di avvicinarsi al cuore della vita ecclesiale e che si attribuisca il dovuto valore all’autentico desiderio di partecipare ad una ministerialità più attiva, compresa quella sacramentale. E che pertanto è legittimo e va nel senso del bene per la Chiesa intera iniziare a concepire risposte concrete in questo ambito.
Non siamo dei sostituti d’azione, ma possiamo “inventare” forme nuove che arricchiscono la chiesa.
Non chiediamo posti di potere, ma di essere pienamente riconosciute come figlie di Dio e membri della comunità alla pari degli uomini.
PER QUESTO SIAMO PRONTE A METTERCI AL SERVIZIO DELLA CHIESA CON TRE CRITERI:
– Assertività: non temiamo di proporre, di chiedere riconoscimento per ciò che facciamo e portiamo alla comunità
– Libertà: il nostro agire non è finalizzato a conquistare posti di prestigio e questo ci mette in condizioni di non ricattabilità
– Alleanza femminile: là dove siamo e tra noi scegliamo di essere alleate delle sorelle che incontriamo e soprattutto di non cadere nella rivalità tra donne per ottenere l’approvazione maschile
PER QUESTO:
– Abbiamo deciso di trovarci tra donne adulte, che hanno vissuto e vivono un percorso di fede per condividere e scambiare e siamo pronte ad accogliere quante decideranno di unirsi a noi
– Vogliamo dare un messaggio chiaro sul genere di femminilità di cui riteniamo che la Chiesa abbia bisogno
– Vogliamo farci conoscere per testimoniare che nella Chiesa ci sono donne che non si sottomettono e poter così avvicinare anche altre sorelle nella fede che si sentono disorientate da quest’ondata tradizionalista
– Non rinunciamo a portare avanti istanze serie e grandi come anche forme di servizio presbiterale femminile.
Cagliari, 6 febbraio 2018, memoria di San Paolo Miki e compagni
1. Paola Lazzarini, Cagliari
2. Sara Milano, Torino
3. Tiziana Minotti, Meda (Milano)
4. Carla Piras, Cagliari
5. Eleonora Manni, Terni
6. Anna Paola Loi, Cagliari
7. Maria Adele Valperga, Torino
8. Alessandra Bonifazi, Roma
9. L. C., Bari
10. Barbara Serpi, Senigallia (Ancona)
11. Raffaella Zanacchi, Cremona
12. Fabiana Pagoto, Torino
13. A. C., Pavia
14. Alessandra Zambelli, Bologna
15. Claudia Cossu, Cagliari
16. Silvia Ferrandes, Viterbo
17. Giulia Casadio, Ravenna
18. Manuela Chessa, Cagliari
19. Iole Iaconissi, Udine
20. Fulvia Caredda, Tribiano (Milano)
21. Maria Cristina Rossi, Torino
22. Lucia Bagalà, Gioia Tauro (Reggio Calabria)
23. Carmelinda Tripodi, Roma
24. Elena Savio, Padova
25. Giuseppina Bagalà, Gioia Tauro (Reggio Calabria)
26. Anna Gamberini, Torino
27. Eleonora Consoli, Catania
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